Produzioni italiana olio di oliva

Geografia della produzione italiana di olio

L’olio, che in antichità era chiamato l’oro verde del Mediterraneo, è uno dei prodotti italiani maggiormente esportati, rappresenta infatti il nostro biglietto da visita sia su scala locale che internazionale.

Spesso quando si descrive l’Italia una delle prime immagini che le si associa è quella della terra, dei colori naturali e delle distese di ulivi: una cartolina che esprime al meglio la genuinità dei territori.

Però nonostante si pensi – a ragione – che la produzione dell’Italia sia molto ingente è importante sottolineare come negli ultimi anni la domanda mondiale di olio ha largamente superato l’offerta, e né l’Italia né la Spagna, la Grecia e altri Paesi del Mediterraneo sono stati in grado di colmare questo vuoto, la situazione tende a ripetersi secondo le stime della stagione agraria del 2016.

Quali sono le ragioni di questo rapporto tra domanda e offerta?

L’ulivo ha un forte bisogno di clima temperato, di inverni poco rigidi, di primavere soleggiate e di autunni miti, necessita inoltre di terreni calcarei, preferibilmente collinari, e alcune varietà sono particolarmente sensibili a rogne, parassiti e freddo. Inoltre una volta ottenute le olive, non è detto che la loro resa (ovvero quanto olio si ricava da un chilogrammo di olive) sia sempre medio-alta. Evidentemente queste specificità scoraggiano la coltivazione di ulivi nel nord Italia, basti pensare che soltanto il 2% di ulivi sono piantati in zone montuose, contro il 54% in collina e il 42% in aree pianeggianti.

Quali sono le Regioni in cui si produce più olio?

L’Italia produce complessivamente 464mila tonnellate di olio all’anno, la coltivazione di ulivi si estende su una superficie di circa un milione di ettari come coltura principale e poco meno di questa cifra come coltura secondaria, ovvero affiancata a coltivazioni diverse come cereali, mandorli e carciofo per esempio. Tuttavia, pur essendoci una produzione ingente che infatti fa del nostro Paese un leader mondiale di esportazione, la coltivazione resta frammentata, esistono quindi molte piccole aziende agricole, che hanno molto a cuore la cura della terra. Ci sono però una serie di conseguenze, di costi da sostenere che determinano le logiche della produzione.

Ogni produzione si contraddistingue per delle sue personali caratteristiche che sono strettamente correlate al luogo, ai metodi di estrazione, alle peculiarità delle olive, dalle lavorazioni e dall’utilizzo di cultivar.

Il dato certo e ormai consolidato è l’assoluto primato pugliese che soddisfa quasi metà delle esigenze di mercato con una produzione che si attesta intorno ai 130mila ettari, suddivisa per microaree, quella del nord barese ad esempio tipica per le olive coratine e ogliastre e per l’olio intenso e limpido che ne si ricava.

Seguono per quantità di produzione, la Calabria, la Sicilia, la Campania, il Lazio, l’Abruzzo, la Toscana. Umbria, Basilicata, Molise, Liguria, la Sardegna, le Marche, la Lombardia, il Veneto, Emilia Romagna, Trentino, Friuli e infine Piemonte.

Questo elenco rispecchia l’adattabilità dell’ambiente alla coltivazione degli ulivi, ed infatti al nord primeggia la Liguria, che seppure soggetta a piogge costanti, ha un clima tendenzialmente mitigato dall’azione del mare e terreni conformi alle peculiarità degli ulivi, al contrario il Piemonte, ricco di zone montuose non è predisposto all’accoglienza di questa pianta. Discorso diverso invece è quello relativo alla Toscana, dove le caratteristiche di base sono presenti e la coltivazione è importante, ma la resa delle olive è bassa, ne deriva che pur avendo aree estese dedicate agli ulivi e un olio di qualità molto alta la produzione resta comunque bassa. Si sopperisce quindi alla quantità con la qualità, si consideri che l’Italia ha oltre trentanove denominazioni DOP (di origine protetta) e IGP (indicazione geografica tipica), due terzi delle quali appartengono a oli extra-vergine di oliva, che il mercato sa riconoscere, apprezzare e remunerare.

Quali sono le caratteristiche regionali degli oli?

Premesso che le variabili che condizionano le caratteristiche dell’olio – pur all’interno di uno stesso territorio regionale – sono molte e spesso si intersecano dando vita ad un panorama tanto vasto quanto interessante, si può comunque trovare un filo conduttore che distingue vista, sapori e odori dell’olio rispetto all’area geografica di provenienza.

Quello siciliano, ad esempio, è noto per il suo odore particolarmente fruttato, che è sempre un ottimo segno nel riconoscere la qualità dell’olio, però ne perde in intensità, è quindi leggero e aromatizzato.

Nella zone della Puglia invece è d’obbligo una distinzione tra l’area del Gargano e quella del barese, in quest’ultima l’oliva agliarola produce un olio che si distingue per un retrogusto molto particolare che da piccante si fa amaro nel giro di pochi secondi.

L’olio umbro invece si differenzia per un fuggente aroma di carciofo e per un leggero pizzicore, delicato e indicato anche per piatti a base di carne.

Ancora diverso è l’olio ligure che – ricavato dall’oliva taggiasca – ha un sapore dolce, dunque estremamente diverso da quello pugliese, ma di ottima qualità specie se utilizzato per condire verdure perché esalta il gusto originale del vegetale.

Fondamentale è sottolineare che la qualità di un olio è riconoscibile attraverso tre parametri di massa: quella oggettiva (chimica), organolettica (quindi di gusto), entrambe indicate secondo criteri dell’Unione Europea, e poi quella soggettiva che dipende molto dalle abitudini alimentari della zona di provenienza di chi degusta.

Questo conferma che l’olivocoltura e più in generale il panorama agroalimentare italiano presenta una varietà di sapori e di prospettive che vanno valorizzate e che hanno altissime potenzialità economiche ma anche culturali, perché esportare non significa soltanto ottenere un ritorno monetario ma soprattutto relazionarsi comunicando uno stile di vita e dei valori, inviando un’istantanea della storia nazionale e locale che nell’olio trova la sua sintesi più esplicativa. Gli ulivi italiani che hanno anche 800 anni sono un patrimonio paesaggistico e ambientale da tutelare con attenzione, l’enogastronomia in Italia è l’essenza della vita.

Per approfondire il tema delle produzioni regionali di olio è auspicabile prendere parte a delle degustazioni in loco, sarà un’esperienza formativa e di alto contenuto a livello di valori e di sensazioni, una sorta di visita guidata e sensoriale alla scoperta di tradizioni, origini e futuro della nostra terra, un momento importante consigliato anche a giovani e bambini.

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